Ci lascia Gabriele Basilico, uno sguardo consapevole e metafisico della fotografia italiana
Era stato recentemente protagonista di una mostra ospitata a Napoli, Gabriele Basilico, uno dei cardini della fotografia italiana, si è spento oggi. Lavorava con grinta e con la solita energia pur avendo saputo di essere malato di recente, afferma chi lo conosceva. I suoi paesaggi metafisici e densi di chiaro scuri hanno fatto scuola nell'arte visiva del panorama italiano. Le sue visioni indimenticabili dei lidi francesi, delle periferie solitarie e della guerra di Beirut hanno affascinato la nostra memoria.
Con le sue immagini, dalla controllata, consapevole tensione metafisica, egli ha efficacemente collaborato a presentare in questi ultimi anni il gusto post moderno, rilevando visivamente alcune dimenticate architetture industriali e di periferia, rivalutate come reperti archeologici e fissate con una prospettiva sfuggente e nello stile sofisticato anni ’30. Per ricordarlo adeguatamente vi invito a leggere anche queste parole proprio di Gabriele Basilico, prese dalla scheda a lui dedicata sul sito della galleria veronese Studio la Città, che raccontano qual’era il suo modo di relazionarsi al linguaggio fotografico:
È certo che io faccio fotografie in relazione al principio e all’esperienza estetica della “visione”. In questo senso io sono pienamente fotografo. Ma è anche vero che la fotografia, e non solo come linguaggio, è entrata da parecchio tempo, e a buon diritto, nel mondo dell’arte. Sono convinto però che un’unità della fotografia nel grande bacino della ricerca artistica è un’idea troppo riduttiva: una cosa è usare la fotografia come linguaggio per comunicare un’opera concepita in modo diverso (per esempio un’installazione), un’altra cosa è pensare «fotograficamente», interpretandola, la realtà.
Gabriele Basilico (Milano, 1944 – Milano, 13 febbraio 2013) è stato un fotografo italiano. Tra i maggiori fotografi internazionali. Dopo gli studi in architettura inizia la professione di fotografo dedicandosi alla fotografia di paesaggio e più in particolare alla fotografia di architettura. Lavora per lo più con banco ottico e pellicole in bianco e nero. Celebre il suo lavoro su Beirut, fotografata dopo la guerra.