Cos’è l’architettura queer e perché se ne parla
Si sente sempre più spesso parlare di identità di genere e orientamento sessuale e la sensibilità verso questi argomenti delicati sta aumentando sempre di più nel mondo. Ha fatto molto discutere infatti il successo della serie Sex Education su Netflix in cui si parla liberamente e responsabilmente di argomenti delicati come la sessualità e sono in tanti ad aver sentito pronunciare il termine "queer" proprio nella famosa serie. Cosa significa quindi "queer"? Il termine è usato dalla comunità LGBTQ+ per indicare quelle persone che non vogliono definire la propria identità di genere e/o orientamento sessuale. Il termine è stato esteso poi anche alla moda, all'arte e anche all'architettura. Proviamo a capire perché e quando parliamo di architettura queer.
Perché parliamo di architettura queer
Queer è l'ultima lettera dell'acronimo LGBTQ+ e questo vuole dire che la comunità ha accettato pienamente il termine. L'importanza di tale parola probabilmente non a tutti risulta immediata però se vi dicessimo che sin dalla scuola la divisione in bagni per maschi e femmine può essere stata discriminatoria forse vi si può accendere una piccola lampadina sull'argomento. E proprio in quest'ambito che entra in gioco l'architettura che definisce lo spazio in cui l'uomo vive. Le questioni legate al rapporto tra l'ambiente costruito, l'orientamento sessuale e l'identità di genere non sono ancora molto studiate, perché le conseguenze discriminatorie non sono ancora molto chiare e definite, eppure esistono, ecco perché sempre più professionisti e teorici dell'architettura iniziano a parlarne e a porre quesiti a cui trovare risposta.
Quando parliamo di architettura queer
La notizia dei ragazzi di una scuola di Piacenza che hanno richiesto e ottenuto bagni gender free potrebbe far riflettere su una necessità di coscienza sempre maggiore nella società nei confronti dell'identità di genere. E se l'orientamento sessuale diventa una questione di come viviamo in uno spazio, il mondo dell'architettura non può non entrare nel merito della questione. A causa infatti del conservatorismo della professione di architetto, le discussioni sui temi di genere sono arrivati molto più tardi. Ed è evidente anche dalla disparità di trattamento economico emerso nei rapporti della maggior parte dei studi di architettura internazionale come Foster&Partners ed altri. Fortunatamente, negli ultimi anni, un numero crescente di teorici e professionisti dell'architettura ha iniziato a discutere di come genere e razza si relazionano agli spazi e sull'influenza di sessualità e design, mettendo in evidenza il potenziale della teoria dello spazio queer.
Cos'è lo spazio queer
Per parlare di architettura queer è inevitabile non precisare cosa si intenda per spazio queer. Due degli riferimenti maggiormente usati sono proprio quello del bagno e dell'armadio. Quest'ultimo viene spesso usato in senso discriminatorio per indicare qualcosa che si vuole o deve nascondere. È un contenitore ma anche un contenuto che spesso viene identificato come un'identità da celare. Così uno dei maggiori esperti sulle teorie applicate allo spazio, l'architetto Joel Sanders, ha dichiarato: “Le superfici di delimitazione dell'architettura riconsolidano le differenze culturali di genere monitorando il flusso delle persone e la distribuzione degli oggetti nello spazio”. Sanders fa riferimento alla teoria delle sfere separate di Alexis de Tocqueville per cui esiste una sfera pubblica e una privata come due mondi da tenere separati che è ciò contro cui si sta battendo la comunità LGTBQ. Ecco perché il ruolo svolto da architetti, interior designer e clienti diventa fondamentale, proprio per non operare questa distinzione spaziale che si trasferisce sulla società stessa.
Progettare uno spazio quuer vuol dire progettare uno spazio accessibile a tutti. Joel Sanders è uno dei massimi esperti sull'argomento al mondo e ha fondato MIXdesign, una società di consulenza di design che risponde "alle esigenze specifiche di individui tradizionalmente emarginati che architetti, interior designer e clienti hanno a lungo trascurato. Collaboriamo con una vasta gamma di clienti commerciali e istituzionali per rendere gli spazi pubblici e gli edifici di uso quotidiano inclusi servizi igienici, campus universitari, luoghi di lavoro, ospedali e musei d'arte accessibili e accoglienti per quelli che chiamiamo "organismi non conformi", persone di diversa natura età, genere, razza, cultura, religione e abilità". Uno spazio accessibile non è solo quell'ambiente in cui chi ha disabilità può vivere bene ma è anche lo spazio pensato per accettare tutti, inclusivo.