I Lazzaretti Veneziani, da luoghi abbandonati a musei a cielo aperto
“La salute è l’anima del commercio” e oggi più che mai, con la diffusione della pandemia e il periodo di lockdown vissuto, sappiamo quanto sia veritiera questa affermazione. Tale lezione era già molto chiara a Venezia, cinque secoli fa, dove le malattie infettive, come la peste, sono state la principale causa di distruzione di popolazioni e città del mondo antico, assieme a guerre e carestie. Porto di traffici tra Oriente e Occidente, nel XV secolo Venezia fu la prima città al mondo a comprendere l'importanza di affrontare la peste e la sua dinamica di contagio con un sistema di poli e norme da imporre a tutti per evitare la diffusione della malattia. Nacquero i primi lazzaretti che oggi ancora possono insegnarci molto e, dopo anni di abbandono, tornano a vivere grazie alle associazioni Ekos Club e Archeoclub di Venezia che li hanno trasformati in musei a cielo aperto.
Storia dei Lazzaretti
La quarantena, a cui tutti siamo stati costretti a causa del coronavirus, è stata messa a sistema dalla Repubblica di Venezia mezzo millennio fa. A Venezia nacquero i primi lazzaretti stabili della storia, su due isole, che aiutarono ad evitare la diffusione della peste. “L’Italia fu un vero e proprio laboratorio per comprendere come le infrastrutture e, in generale, l’ambiente avessero un ruolo fondamentale nella diffusione delle malattie. A cominciare da Venezia, dove per la prima volta si sperimentò un approccio che potremmo definire “epidemiologico”. Grazie ai Lazzaretti si svilupparono concetti e procedure che poi si sarebbero rivelati essenziali nel controllo delle malattie diffusive.”, spiega Ilaria Capua in Salute circolare.“La peste non è stata ancora completamente debellata e infetta fra le 600 e le 1000 persone ogni anno nel mondo. Il Lazzaretto Nuovo è un luogo simbolico.” – ha dichiarato Eric Bertherat dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), dirigente referente per un gruppo di malattie infettive che comprende anche la peste, in una recente visita privata sull’isola. – “La Repubblica di Venezia fu la prima a implementare una reale strategia di salute pubblica per il controllo delle malattie infettive, nonostante la mancanza di conoscenze dell'epoca. Ha giocato un ruolo storico di primo piano, ed è quindi molto importante che le persone vengano a visitare questo luogo, per capire la portata assolutamente innovativa delle misure di sicurezza e della gestione del sistema che fu costituito.”
Venezia fu la prima città ad intuire che la peste non era una punizione divina ma si propagava per contagio. Considerando la sua conformazione geografica, la Serenissima comprese che era necessario "isolare" dalla città gli appestati e i potenziali rischi. Nel 1423 fu costruito un ospedale pubblico al Lazzaretto Vecchio in Laguna centrale, primo al mondo. Dal nome precedente dell’isola, intitolata a Santa Maria di Nazareth, derivò il nome “Nazaretum” e quindi il termine “lazzaretto”. Il passo successivo, qualche decennio dopo, fu istituire un secondo lazzaretto nell’isola già della “Vigna Murada” in Laguna nord, dietro l’ingresso della bocca di porto di Lido. Con il Lazzaretto Nuovo nel 1468 viene messo a sistema il piano sanitario contro la peste di Venezia che viene esportato nel Mediterraneo e oltre. Si parla per la prima volta anche di “quarantena”, dai quaranta giorni che si reputavano necessari per escludere il pericolo di contagio: navi, persone e merci provenienti da luoghi sospetti di peste dovevano sostare al Lazzaretto Nuovo prima di poter entrare in città. Alla caduta della Repubblica di Venezia, con la dominazione austriaca nell’Ottocento le due isole vengono impiegate per scopi militari, uso mantenuto dall’Esercito Italiano fino agli anni Settanta del Novecento.
Le regole del Lazzaretto
Oggi come in passato, l'epidemia richiede un'organizzazione precisa e adeguata e la gestione di Venezia fu ineccepibile: "Prevenzione e controllo sulla popolazione; misure per contenere la diffusione del contagio e circoscriverlo nel territorio; creazione di luoghi isolati dove ricoverare gli ammalati; norme, divieti e prescrizioni per il transito di uomini, merci e mezzi di trasporto.", si legge in un comunicato dei Lazzaretti Veneziani, "I Provveditori alla Sanità furono la magistratura istituita ad hoc già per la prima grande peste del 1348, che doveva predisporre piani di azione sull'emergenza con poteri amplissimi anche in materia penale. Ad esempio: richiamare i medici e gli impiegati pubblici fuggiti per paura; vietare gli assembramenti (feste di popolo e processioni); occuparsi delle sepolture in luoghi separati dalla città; attuare blocchi di uomini e mercanzie".
Oggi parliamo di distanza sociale ma non è un concetto nuovo, già 500 anni fa a Venezia era chiaro che la distanza spaziale fosse fondamentale per impedire la diffusione del contagio: "La direzione del Lazzaretto era responsabilità di una carica pubblica con mandato quadriennale, il priore. L’altra figura decisiva era il medico della peste, che indossava una lunga veste nera, guanti, cappello, occhiali di protezione e la famosa maschera con becco adunco, oggi protagonista del Carnevale. Anche questa particolare forma era legata all'uso sanitario: all'interno venivano messe erbe aromatiche; si pensava infatti che l'aria potesse essere purificata grazie a questi intensi profumi. Il disinfettante principale era invece l'aceto, con cui erano lavate persino le monete.", continua il comunicato, "Merci e imballaggi erano sanificati prima di essere riconsegnati ai legittimi proprietari. La Serenissima non capì il vettore della peste (le pulci dei topi) ma, assieme all'isolamento, attuò diverse procedure di "espurgo" a loro modo efficaci: fino agli inizi del 1700 si usò soprattutto bruciare erbe aromatiche come ginepro e rosmarino, impiegare la cenere e l'aceto, esporre le merci all'aria o immergerle in acqua salata e bollente; in seguito si adoperarono cloro e zolfo".
Dall'abbandono all'ecomuseo
Il Lazzaretto Nuovo è stato per secoli luogo di passaggio di culture, lingue e oggetti da tutto il mondo. Dal 1977 il pionieristico progetto “Per la rinascita di un’isola” l’ha recuperata dalla giungla e dai vandalismi di cui era stata preda dopo l’abbandono militare, grazie all’impegno delle associazioni concessionarie Ekos Club e Archeoclub di Venezia, che in quarant’anni hanno coinvolto Istituzioni e decine di realtà locali, nazionali e internazionali, stimolando e coadiuvando investimenti, restauri, attività didattiche, culturali e ambientali. Inserito negli Itinerari Educativi del Comune di Venezia e simbolo di identità e resilienza per un territorio stressato dall’overtourism e dai cambiamenti climatici, oggi il Lazzaretto Nuovo, unica isola della Laguna riportata alla collettività con un progetto non-profit, è un ecomuseo che ospita migliaia di visitatori e molteplici workshop e collaborazioni, raccontando la storia di Venezia e delle isole con un percorso storico all’interno della cinta muraria, fra edifici monumentali e scavi archeologici. Associazioni e popolazione hanno inoltre spinto il MiBACT a riavviare al Lazzaretto Vecchio il progetto di Museo Archeologico Nazionale della Laguna di Venezia.