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La ex-Olivetti di Pozzuoli, una fabbrica di ideali (VIDEO)

Viaggio nel sogno della ex-Olivetti di Pozzuoli alla scoperta di un modello architettonico e lavorativo ideale di cui oggi non possiamo che avere nostalgia.
A cura di Clara Salzano
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Quando negli anni '50 Adriano Olivetti decise di aprire uno stabilimento industriale a Pozzuoli non si trattava evidentemente di ricercare solo una soluzione ai problemi economici e politici dei lavoratori del Sud Italia, ma di far nascere, dalla soluzione ad un problema particolare, un discorso generale sul lavoro e su valori architettonici e sociali che potessero fungere da ideali futuri sempre validi. Questo straordinario imprenditore, ed intellettuale, fu l'unico che negli anni della ricostruzione dell'Italia ebbe la sensibilità e la volontà di credere che, per ridurre il divario secolare tra nord e sud del paese, fosse necessario dare un contributo alla trasformazione industriale del Mezzogiorno facendolo partecipare alla produzione dell’eccellenza italiana nel mondo. Nel 1955 Adriano Olivetti diede forma alla sua visione con una "fabbrica elevata in rispetto della bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse di conforto nel lavoro di ogni giorno": la Olivetti di Pozzuoli.

Photo credit: Alessio Guarino
Photo credit: Alessio Guarino

Progettato da Luigi Cosenza tra il 1951 e il 1954, lo stabilimento Olivetti nell'area flegrea, immerso nel verde e posto di fronte al mare, fu pensato come una fabbrica moderna-amica costruita in luoghi di grande bellezza, una nuova centralità che convivesse con l'ambiente naturale, secondo quello che era il sogno dell'imprenditore piemontese. La fabbrica aveva un unico scopo: il lavoro come riscatto. Per questo motivo lo stabilimento di Pozzuoli fu realizzato a misura d’uomo, a ridosso della macchia mediterranea, con grandi ed alte finestre rivolte al mare, interni inondati di luce naturale, la distesa di pini attorno alla fabbrica intatta e la visione della natura da ogni punto della struttura proprio per nobilitare il lavoro. Le 1300 persone assunte, tra operai e impiegati, lavorando potevano ammirare il mare.

Il nuovo stabilimento Olivetti doveva sorgere non lontano dalla città, proprio per evitare la frattura tra la vita lavorativa e quella familiare. Lungo la via Domiziana, a 15 chilometri da Napoli, sorge un modello razionalista di fabbrica con pianta a croce, che riesce a soddisfare contemporaneamente le esigenze della produzione e ad integrarsi perfettamente nel paesaggio. Il rapporto tra gli spazi esterni e quelli interni è stato pensato da Luigi Cosenza in funzione del modo di lavorare dell'uomo in una fabbrica moderna e delle strategie aziendali che prevedevano un incremento progressivo e graduale della produzione Olivetti al Sud. Erano stati dunque previsti gli schemi aperti e chiusi delle corti, i padiglioni a doppia altezza e uno schema distributivo che permettesse alla natura di entrare in fabbrica ma che allo stesso tempo consentisse una possibile espansione strutturale dell'azienda. Il modello proposto non era dunque solo un elevato esempio di architettura industriale illuminata, ma consentiva lo svolgersi di una vita lavorativa ideale con centri medici, sportivi e ricreativi tutti inseriti in un'unica struttura. E nonostante le continue modifiche dei cicli produttivi della Olivetti e gli ampliamenti degli anni successivi, l'unitarietà figurativa e di contenuto dell'ex-stabilimento Olivetti non è andata mai persa risultando sempre capace di sostenere le esigenze emerse nel tempo: oggi la ex-fabbrica è interessata da un progetto di riconversione a polo di alta formazione tecnologica e scientifica che vede Telethon, la Tigem, Formez, il CNR e alcuni call center, riutilizzare i vecchi spazi dello stabilimento. Ma per comprendere il senso e l'importanza dell'operazione voluta dalla Olivetti di far sorgere un grande centro produttivo nel Sud Italia, in modo che "l'unità economica del Mezzogiorno fosse premessa indispensabile dell'unità morale della nostra Patria", vi lasciamo con il discorso pronunciato il 23 aprile 1955 da Adriano Olivetti, in occasione dell'inaugurazione della fabbrica di Pozzuoli:

Questo stabilimento riassume le attività e il fervore che animano la fabbrica di Ivrea. Abbiamo voluto ricordare nel suo rigore razionalísta, nella sua organizzazione, nella ripetizione esatta dei suoi servizi culturali ed assistenziali, l'assoluta indissolubile unità che la lega ad essa e ad una tecnica che noi vogliamo al servizio dell'uomo onde questi, lungi dall'esserne schiavo, ne sia accompagnato verso mete più alte, mete che nessuno oserà prefissare perché sono destinate dalla Provvidenza di Dio.
Così, di fronte al golfo più singolare del mondo, questa fabbrica si è elevata, nell'idea dell'architetto, in rispetto della bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse di conforto nel lavoro di ogni giorno. Abbiamo voluto anche che la natura accompagnasse la vita della fabbrica. La natura rischiava di essere ripudiata da un edificio troppo grande, nel quale le chiuse muraglie, l'aria condizionata, la luce artificiale, avrebbero tentato di trasformare giorno per giorno l'uomo in un essere diverso da quello che vi era entrato, pur pieno di speranza.  La fabbrica fu quindi concepita alla misura dell’uomo perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza.

Per questo abbiamo voluto le finestre basse e i cortili aperti e gli alberi nel giardino ad escludere definitivamente l'idea di una costrizione e di una chiusura ostile. Talché oggi questa fabbrica ha anche un altro valore esemplare per il futuro del nostro lavoro nel Nord e ci spinge a nuove realizzazioni per creare nuovi ambienti che traggano da questa esperienza insegnamento per più felici soluzioni. Ora che la fabbrica è compiuta a noi dirigenti spetta quasi tutta la responsabilità di farla divenire a poco a poco una cellula operante rivolta alla giustizia di ognuno, sollecita del bene delle famiglie, pensosa dell'avvenire dei figli e partecipe infine della vita stessa del luogo che trarrà dal nostro stesso progresso alimento economico e incentivo di elevamento sociale: voglio alludere all'ammirevole città di Pozzuoli e ai suoi incomparabili dintorni.

(…)
Ed ecco perché in questa fabbrica meridionale rispettando, nei limiti delle nostre forze, la natura e la bellezza, abbiamo voluto rispettare l'uomo che doveva, entrando qui, trovare per lunghi anni tra queste pareti e queste finestre, tra questi scorci visivi, un qualcosa che avrebbe pesato, pur senza avvertirlo, sul suo animo. Perché lavorando ogni giorno tra le pareti della fabbrica e le macchine e i banchi e gli altri uomini per produrre qualcosa che vediamo correre nelle vie del mondo e ritornare a noi in salari che sono poi pane, vino e casa, partecipiamo ogni giorno alla vita pulsante della fabbrica, alle sue cose più piccole e alle sue cose più grandi, finiamo per amarla, per affezionarci e allora essa diventa veramente nostra, il lavoro diventa a poco a poco parte della nostra anima, diventa quindi una immensa forza spirituale. Per questo motivo, un giorno questa fabbrica, se le premesse materiali e morali intorno ai fini del nostro lavoro saranno mantenute, farà parte di una nuova e autentica civiltà indirizzata ad una più libera, felice e consapevole esplicazione della persona umana.
É questo l'augurio più alto che mi è caro rivolgere parlando oggi, per la prima volta, ai nostri lavoratori di Pozzuoli, onde per lunghissimi anni la Provvidenza di Dio protegga la loro coscienziosa e intelligente fatica, per farla risplendere in pacata letizia sulle loro case e sulle loro amate famiglie.

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