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La street art eterna di TvBoy: “La strada è il museo più democratico che ci sia”

Lo street artist TvBoy, conosciuto dal grande pubblico soprattutto per l’iconico murale sul bacio tra Di Maio e Salvini, torna in strada a Milano con la sua pop art urbana, acuta, provocatoria e ironica. Lo abbiamo intervistato per parlare della sua ultima installazione che invita a “resistere” a questa ondata di Covid-19, della sua carriera e del ruolo della street art in un momento di emergenza come quello che stiamo vivendo.
A cura di Clara Salzano
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"Ho iniziato a parlare della contemporaneità perché secondo me è importante che l'arte parli del momento storico in cui l'artista vive perché molte di queste opere saranno un documento per il futuro, diventano delle immagini che riassumono un'epoca". Con queste parole lo street artist Salvatore Benintende aka TvBoy ci introduce i suoi ultimi lavori realizzati a Milano. La nuova installazione di TvBoy nel capoluogo lombardo, annunciata dalla campagna d’affissione ‘Milano Resiste’, è un messaggio di speranza. Lo street artist italiano celebre in tutto il mondo ha deciso di mettere al servizio di Milano la sua arte in nome di una resistenza silenziosa e pacifica.

TvBoy firma la prima opera di street art non deturpabile: in occasione dell'uscita del nuovo capitolo della serie di videogiochi Watch Dogs: Legion, lo street artist palermitano ma milanese d'adozione ha riprodotto l'immagine di un’anziana signora, uno dei protagonisti più iconici del videogame e ne ha fatto anche un filtro Instagram in Realtà Aumentata, da usare attraverso un QR Code, in modo che l'opera possa vivere in eterno nel mondo digitale. L'obiettivo dell'opera è quello di invitare tutta la città, soprattutto i più giovani che seguono i videogame, ad una resistenza cauta sempre nel rispetto degli altri anche indossando una maschera. La prima opera d’arte ‘non deturpabile' è il simbolo tangibile di un ideale che nessuno potrà mai minare: la libertà: "Sì, perché quello che stiamo vivendo negli ultimi mesi non è più una fantasia relegata a un’opera di finzione come la trama di un film, di una serie tv o, come in questo caso, di un videogioco. Ma è una realtà entrata di prepotenza a far parte della vita di tutti i giorni e che, fino a poco tempo fa, sarebbe stata oggetto solo di un racconto che difficilmente poteva verificarsi ai giorni nostri.", spiega TvBoy che, in un'intervista esclusiva a Fanpage.it, ci parla dei suoi ultimi lavori, della sua carriera e del ruolo dell'arte in un periodo così complesso:

Chi è TvBoy?

Molti mi conoscono per il “Bacio Salvini – Di Maio” che è stata l'opera mia più mediatica, che mi ha portato al grande pubblico, però io ho iniziato con i graffiti nel 1996 a Milano, avevo 16 anni. Ho iniziato a fare i primi esperimenti con i graffiti perché mi sembrava una forma bella di democratizzare l'arte, di farla arrivare a tutti. In seguito ho raggiunto una mia maturità quando ho frequentato il Politecnico di Milano e il personaggio di TvBoy è diventato la mia firma, una sorta di icona e nome. Così ho iniziato a parlare della contemporaneità. Se analizzi le opere d'arte di Picasso, Van Gogh, etc. tutte ci parlano del tempo in cui sono state realizzate. Per questo ho deciso di usare i personaggi dell'attualità come metafore per parlare di temi contemporanei.

Amor Populi - TvBoy
Amor Populi – TvBoy

Perché “Milano Resiste”? 

Milano Resiste è la mia prima opera dove si unisce il reale al digitale, nata in collaborazione con la casa di videogiochi Ubisoft. Mi piaceva molto l'idea di lavorare con un videogioco perché mi ricorda "1984" di George Orwell che raccontava un futuro che oggi è il presente. Molti possono aver interpretato male i miei ultimi lavori a Milano come un messaggio di ribellione contro le attuali normative, invece "Milano Resiste" è un invito a resistere in questo momento così difficile.

Qual è il ruolo di un artista?

È importante che noi artisti comunichiamo con le persone, soprattutto con i più giovani, e questo mio ultimo lavoro a Milano vuole essere proprio un modo per far comprendere l'importanza anche di rispettare le regole. Il ruolo dell'artista è quello non di inculcare messaggi, io non faccio politica, ma di stimolare il dibattito e creare un dialogo. Per fare questo talvolta ricorro a opere provocatorie e ironiche come "Covid Cola", che è una riflessione sul fatto che anche la pubblicità deve adeguare il suo linguaggio a questi tempi, o “Cena per sei" (entrambe realizzate nella notte tra il 26 e il 27 ottobre 2020 sui Navigli di Milano), in cui viene reinterpretata l'Ultima Cena di Gesù, raffigurata nel Cenacolo Vinciano esposto a Milano – ancor più pertinente -, e vede il tavolo degli apostoli diviso in due, ognuno con sei commensali nel rispetto del nuovo Dpcm. Queste opere rappresentano un modo di riflettere sulla situazione attuale in cui non è tollerata nessuna eccezione. L'arte invece deve sempre innescare reazioni contrastanti; l'importante è che non lasci indifferente, che non sia solo qualcosa di estetico, che ponga sempre domande più che lanciare un messaggio, purché lasci libero ad interpretazione lo spettatore.

Cos'è la street art “non deturpabile”?

I media sono sicuramente uno strumento che amplifica il messaggio contenuto in un'opera d'arte però la tecnologia non deve sopraffare l'arte. Molte delle mie opere sono andate perse perché alcune sono state proprio staccate dalle pareti e portate via da chi le apprezzava, altre sono state strappate via perché non condivise. L'opera "non deturpabile" è resa possibile grazie ad un filtro di realtà aumentata che permette all'opera di vivere in eterno, anche se nella realtà quella stessa opera viene danneggiata. Sto lavorando proprio su questo tema, della continuità dell'opera: mi piacerebbe infatti sviluppare dei contenuti extra per ogni lavoro che attraverso la tecnologia le persone possono avere maggiori informazioni sulle mie opere reali. Mi interessa molto la risposta e l'interazione con il pubblico. L'opera la fa anche il pubblico. Sto infatti lavorando alla mia prima mostra in un museo che sarà inaugurata a giugno 2020.

Qual è il tuo rapporto con i musei e le gallerie d'arte?

All'inizio della mia carriera andavo nelle gallerie d'arte e mi rendevo conto che era un settore molto difficile, chiuso, uno dei settori più chiusi del mondo. Molti artisti, a mio avviso, sono creati dagli stessi galleristi. Ho capito subito che io avrei dovuto trovare un'altra vetrina e la mia vetrina è stata la strada. La strada per me è la galleria, museo più democratico, non devi pagare un prezzo per entrare, e non fa paura entrare perché non senti la pressione di dover comprare l'opera, non è un luogo asettico. Oggi sento proprio l'esigenza di esporre in un museo perché mi sono accorto che di tutto quello che ho fatto, di tutte le opere che ho realizzato, non esiste quasi più nulla, che è poi il carattere effimero proprio della street art; invece secondo me per un artista è importante anche lasciare qualcosa al futuro. Non si può certamente prevedere se un'opera resterà nella memoria però se riesci a toccare un argomento di attualità nel momento giusto e nel posto giusto, l'opera può diventare in qualche modo eterna, anche se censurata. Anzi, l'opera censurata a volte può permanere di più di altre. L'opera ha una vita a parte oltre quella fisica, che rimane nella documentazione, nei cataloghi, nell'immaginario delle persone.

Cosa ti ha ispirato e continua ad ispirarti?

L'ispirazione arriva nei momenti e nei modi più impensabili. L'importante è continuare ad essere curiosi. Come diceva Steve Jobs: "Siate affamati, siate folli". Bisogna continuare a guardare le cose ancora con gli occhi di un bambino perché c'è bisogno di vedere e provare cose nuove per essere stimolati. Ad esempio per me viaggiare è fondamentale, cambiare punto d'osservazione.

Quale è l'immagine che porterai sempre con te di questa emergenza?

Ho realizzato molte opere sul tema Coronavirus ma una delle immagini più significative, a cui sono più legato, è quella dell'infermiera con la mascherina che col braccio sottolinea il muscolo, a simbolo della forza, "We can do it!": è un opera che quando la guardo mi trasmette sicuramente qualcosa di doloroso, per il periodo che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, ma che lancia un messaggio di speranza "Possiamo farcela!".

We can do it - TvBoy
We can do it – TvBoy
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