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Lo Zoo di Napoli, patrimonio architettonico da scoprire

Troppo a lungo abbandonato, degradato e dimenticato, lo Zoo di Napoli è un tesoro nascosto della città che ancora in pochi conoscono. Da modello di parco faunistico nel corso del Novecento, oggi lo Zoo di Napoli torna al suo antico splendore e merita un tour esplorativo alla scoperta di un simbolo della cultura partenopea nel mondo.
A cura di Clara Salzano
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Sentirsi abitante di una città implica conoscerne tutti gli aspetti, anche i più nascosti. Spesso capita di partire per scoprire mete lontane ed esotiche ma si stenta a conoscere i tesori della propria città, o anche solo a capirne l'importanza. Nella maggior parte dei casi non si tratta di mancanza di volontà o di ignoranza bensì di scarsa pubblicità e valorizzazione istituzionale. In pochi infatti conoscono l'inestimabile valore architettonico che rappresenta lo Zoo di Napoli per il patrimonio nazionale. Non si tratta infatti di un semplice e comune giardino zoologico ma di un Parco Faunistico, progettato da Luigi Piccinato nel 1940, come emblema dell'architettura razionalista e avanguardista dell'epoca in Italia. In pochi conoscono la sua storia e il suo lodevole progetto che ancora oggi rappresenta un modello progettuale per i giardini zoologici oltre che uno dei luoghi simbolo della cultura architettonica partenopea in Italia.

La storia

Lo Zoo di Napoli fu progettato nel 1940 come Parco Faunistico destinato alle specie animali dell'Impero. Il Parco nacque in contemporanea alla complessa iniziativa urbanistico-architettonia della Mostra d'Oltremare, voluta da Benito Mussolini a Napoli. In concomitanza con l'apertura del quartiere fieristico di Fuorigrotta, si decise di dedicare un'area di circa 10 ettari al Parco Faunistico nella parte occidentale dell'Esposizione delle Colonie (oggi Mostra d'Oltremare). L'architetto Luigi Piccinato, incaricato del progetto, aveva immaginato l'area di realizzazione del Parco suddivida in due lotti: da un lato il giardino zoologico, dall'altro un parco divertimenti. Il Parco Faunistico, che si estendeva su una superficie di circa 190.000 metri quadrati, fu aperto al pubblico nell'ottobre 1949 e sin dai primi anni rappresentò un modello per i giardini zoologico oltre che un vanto per la storia dell'architettura italiana di quel periodo. Per lungo tempo il Parco è stato considerato in Europa un luogo ideale per le ricerche scientifiche. Dal 2013, dopo anni di degrado e abbandono, lo Zoo di Napoli è oggetto di un programma di riqualificazione e valorizzazione che è teso a ridare lustro al Parco e restituirgli il prestigioso ruolo internazionale che aveva.

Il progetto

Luigi Piccinato è riuscito a realizzare un progetto che sfruttasse perfettamente l'orografia del suolo. L'ingresso al Parco era posizionato sul lato orientale del lotto di progettazione. L'ingresso di Piccinato, che ancora oggi possiamo ammirare, si distingueva per  l’alto portico realizzato in pietra vesuviana con soletta di copertura in cemento armato. L'obiettivo del Parco Faunistico era di descrivere la fauna del continente nero esistente nelle colonie italiane d’oltremare attraverso itinerari didattici. Il percorso ideato da Luigi Piccinato prevedeva la realizzazione di diversi recinti e costruzioni, di diverse dimensioni e forme, che dovevano ospitare gli animali. Tuttavia il progetto non si concludeva alla sola sistemazione dei recinti, bensì l'architetto napoletano progettò la sistemazione del verde, della pavimentazione per i viali e le scalinate, i muri di contenimento e l’illuminazione.

I percorsi erano strutturati secondo una successione coerente. Assecondando l'orografia del posto, il progetto di Piccinato collocava i vari padiglioni e recinti, ospitanti le diverse specie animali, su terrazzamenti panoramici a quote progressivamente crescenti rispetto all'ingresso orientale. Tra i padiglioni di assoluto interesse architettonico si ricordano quello dei Pachidermi, il Rettilario e la grande voliera dei Rapaci, per l'innovazione costruttiva e formale per l'epoca. Il padiglione dei pachidermi è a pianta quadrata con grandi aperture su i quattro prospetti, che permettono l’ingresso delle tre specie animali nei propri recinti di pertinenza, e una volta a crociera intonacata di bianco all’esterno. L'esterno è inoltre caratterizzato da cinque oculi per lato.

La voliera per i rapaci è un vero capolavoro di architettura razionalista con quattro muri portanti che reggono un'intelaiatura metallica dentro cui è sviluppata la struttura. E non solo, si segnalano anche il recinto a tre petali per la Casa degli elefanti, quello delle giraffe sul terrazzamento più alto dello zoo, la fattoria degli animali. Il piano di riqualificazione dello Zoo di Napoli ha anche apportato alcune migliorie alle strutture storiche del Parco Faunistico come per l’area delle tigri, un tempo piuttosto ristretta e sacrificata, che oggi sorge nella parte centrale del parco ha una dimensione di 3500 metri quadri, suddivisa in tre parti, ognuna con la propria vasca d'acqua e tanta vegetazione.

La botanica

Il Parco Faunistico progettato da Luigi Piccinato non si distingueva solo per l'eccelsa architettura e organizzazione, ma anche per il progetto del verde da cui era caratterizzato. Oggi sono tante le varietà botaniche che si possono ammirare, tra cui spiccano i Ginkgo Bilboa, di origine cinese; eemplari di Magnolia SPP., di origine cinese, giapponese e americana; il Bambusa, più conosciuto come Bambù, delle zone tropicali e subtropicali dell’Asia; vicino all'area dei leoni, vi sono esemplari di albero sempreverde comunemente chiamato Canfora, originario della Cina; e in tutto il parco, vi sono vari esemplari di Chamaerops Humilis, chiamata anche palma di San Pietro, l'unica palma che cresce spontanea in Europa.

Il valore

Lo Zoo di Napoli è stato uno dei primi zoo italiani ad aprire. Di grande importanza da sempre è stata la sua funzione nel campo dell'educazione naturalistica ed ambientale, nella ricerca scientifica e nella conservazione della biodiversità. Da sempre ha avuto un importante ruolo scientifico a livello internazionale per i notevoli successi raccolti nel tempo come nella riproduzione di specie rare, ad esempio l'Avvoltoio papa, il Rinoceronte nero, il Licaone e diversi Psittaciformi. Di rilievo nell'area dello zoo c'è anche un tratto di una strada di epoca romano. Dal 2013 lo Zoo di Napoli, grazie all'intervento di un imprenditore napoletano che ne ha rilevata la proprietà in dissesto dagli anni Ottanta, si sta impegnando, con la collaborazioni di diversi professionisti che lavora sul luogo, di ritornare all'antico splendore e recuperare il suo prestigioso ruolo internazionale.

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