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Tina Modotti, una vita per l’arte e la rivoluzione

La sua vita è densa ed affascinante, ha il sapore del Messico e delle sue foto in bianco e nero che spaziano tra la ricchezza e la miseria, l’architettura e l’antropologia.
A cura di Valentina Pepe
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Se amate l'arte e la fotografia dovete leggere la biografia di questa donna affascinante e testarda che non vi lascerà indifferenti. Parla di storia, amore e rivoluzione, di valori e libertà che ormai spesso dimentichiamo. L'artista è  Tina Modotti di origine italiane che nella sua vita amò molto uomini, idee, arte e diritti umani. Lavorò molto fin da bambina per dare una mano alla famiglia e ai suoi cinque fratelli. Viaggiò molto fin dall'età di due anni quando la famiglia emigrò da Udine per cercare lavoro: Austria prima, poi America, San Francisco. L'inquietudine la accompagnò per tutta la vita, la sfortuna anche: perse due mariti, uno portato via dal vaiolo, l'altro assassinato perché antifascista. Fu attrice, lei italiana, a Hollywood nel 1920. Per poco perché non poteva tollerare il lato commerciale di quell'industria nascente. Fu artista, intellettuale. Fu, soprattutto, fotografa. Fu tra i primi al mondo, lei che veniva da una regione povera e insignificante rispetto alla grandezza del mondo, a capire il valore sociale di un'immagine, la sua forza di denuncia. Fu perseguitata in vita per le sue idee e rimossa in morte dalla furia del maccartismo. Fu una delle figlie più belle che l'Italia diede al mondo era nata a Udine nel 1896 e morta in Messico su un taxi. Infarto, si disse. Omicidio politico maturato negli ambienti rivoluzionari, resa dei conti nel partito, si insinuò. Pablo Neruda la difese e scrisse le parole che ancora oggi si possono leggere sulla sua tomba: "Sorella, tu non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l'ultima rosa di ieri, la nuova rosa. Riposa dolcemente, sorella". Aveva 46 anni.

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Nel 2005  è uscito uno dei libri più completi su questa donna straordinaria. Lo ha scritto Letizia Argenteri, un'altra figlia dell'Italia prestata al mondo, Phd all'University of California di Los Angeles, docente di storia al Mesa College di San Diego. Il libro è uscito sia negli Usa che in Italia e si intitola "Tina Modotti. Fra arte e rivoluzione". Leggendo la vita di Tina Modotti si fanno incontri straordinari, i fotografi Jane Reece, Johan Hagemayer, Robert Capa, Edward Weston, che la ritrasse in un nudo bellissimo, i grandi pittori messicani Diego Rivera, Clemente Orozco, attivisti come Vittorio Vidali conosciuto durante una manifestazione di protesta dopo la condanna a morte di Sacco e Vanzetti, scrittori come John Dos Passos, André Malraux, Hemingway. Si incontrano le mille città in cui Tina ha vissuto, Parigi, Mosca, Vienna, Madrid. Si partecipa a quello che l'ha coinvolta, la guerra civile spagnola, il soccorso rosso internazionale, l'impegno organizzativo sempre unito all'arte, alla passione per l'immagine (Repubblica.it pubblica una serie di fotografie sue e di lei). Le persecuzioni, le campagne contro di lei, il visto per l'Italia negato, le fughe. E gli amori. Quello per il poeta Robo de l'Abrie Richey o quello per Julio Antonio Mella, giovane rivoluzionario cubano assassinato dai sicari di Gerardo Machado davanti ai suoi occhi. O quelli più veloci, i cuori che una donna così ha infranto e spezzato per troppa voglia di vivere e correre. Ma quello che il libro fa non è soltanto ripercorrere con completezza e precisione storica gli episodi della vita di Tina Modotti, è un omaggio postumo, un tributo a una donna dimenticata perché difficile, spigolosa, scomoda. Troppo bella per essere vera. In pochi ricordano una delle sue frasi più celebri: "Metto troppa arte nella mia vita e di conseguenza non mi rimane molto da dare all'arte".

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