Tino Sehgal, miglior artista alla Biennale di Venezia
Ieri l'annuncio del Leone d'oro, vinto quest'anno da Tino Sehgal, ma proviamo a conoscere meglio questo artista di fama mondiale, nato a Londra ma di origini indiane e residente a Berlino, è stato candidato quest’anno al Turner Prize. E’ reduce da un 2012 che lo ha visto tra i protagonisti a Documenta di Kassel, con un esperimento nel quale il pubblico si ritrovava immerso nell’oscurità; nonché artefice nella bellissima Turbine Hall della Tate di Londra di un progetto per il quale 200 attori (non professionisti) s’approcciavano ai visitatori raccontando fatti privati. Nel 2010 la sua “personale” al Guggenheim di New York, caratterizzata dall’incontro con un bambino che chiedeva al pubblico di discutere la natura del progresso. Nel 2008 una bella mostra a Milano proposta dalla Fondazione Trussardi, nel 2005, invece, ha rappresentato la Germania alla 51ma Biennale di Venezia.
La giuria ha premiato Sehgal per "l’eccellenza e la portata innovativa del suo lavoro che apre i confini delle discipline artistiche". Tino Sehgal ha elaborato una formula artistica innovativa e coinvolgente, una visione del presente rispettosa del passato, ma tramandabile ai posteri solamente attraverso l’oralità. Le coreografie di Sehgal non sono infatti concepite per essere documentate e le riprese non sono permesse. Anche la stampa internazionale durante i giorni della Vernice della Biennale d’Arte è stata invitata a non filmare la performance realizzata da un piccolo gruppo di persone, molto probabilmente professionisti date le elevate qualità espressive e sonore. L’arte di Tino Sehgal non produce oggetti. Questa condizione comporta una conservazione solo a livello mnemonico e una tendenza a esprimere l’invisibile, come nel caso dei diversi suoni prodotti durante la performance eseguita all’interno del Padiglione Centrale dei Giardini. Certamente il pubblico resta significativamente stupito da queste "situazioni costruite", come le chiama l’artista. L’eccezionalità delle situazioni coinvolgono emotivamente il visitatore, tramutando l’evento in "un’esperienza sociale collettiva".