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Il fascino delle case popolari nel mondo

Spesso sinonimo di degrado e povertà, le case popolari rivelano in realtà importanti e stimati progetti di architettura che nascondono una bellezza segreta e innegabile alla quale neppure film e serie tv riescono a resistere. Le stecche, le case a ballatoio e le torri, conservano un fascino tutto da scoprire.
A cura di Clara Salzano
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San Giovanni a Teduccio, Napoli - Photo credit INWARD
San Giovanni a Teduccio, Napoli – Photo credit INWARD

Criticate, disprezzate, odiate e degradate, a lungo le case popolari sono state oggetto di accuse e colpevolizzate della disuguaglianza nel tessuto sociale delle città. Eppure la loro costruzione, soprattutto quella concentrata tra gli anni Cinquanta fino agli anni Ottanta del Novecento, è stata figlia di idee progressiste e di inclusione. Molti dei progetti di edilizia popolari sono in realtà firmati da alcuni dei più importanti architetti della storia dell'architettura italiana ed estera. E hanno rappresentato in vari paesi del mondo la prima possibilità di sperimentazioni delle strutture in calcestruzzo e di vari tipi di combinazioni strutturali con inevitabili influenze di Le Corbusier e del Razionalismo tedesco della Bauhaus e del Werkbund.

La storia dell'edilizia popolare, o edilizia residenziale pubblica, rappresenta uno dei capitoli più interessanti dell'architettura. Mossi da spirito utopico e positivo, gli architetti chiamati a realizzare edifici di edilizia popolare hanno immaginato città nelle città dove la riproduzione in serie degli alloggi era guidata da un'idea di uguaglianza sociale e di pari opportunità che oggi fa sognare. In Italia sono stati sono stati coinvolti alcuni tra i più importanti architetti della scena italiana e internazionale, come Rossi, Ammonimmo, De Carlo, Gregotti, Luigi Cosenza, Carlo Cocchia, tutti chiamati a rispondere ad un esigenza sociale tenendo conto di concetti quali la dignità, le esigenze sociali, lo spazio abitativo minimo. Di tali interventi sono frutto quartieri come Zen di Palermo, le Vele di Scampia o il Corviale di Roma.

Oggi i quartieri di edilizia popolare rappresentano alcuni dei luoghi più degradati delle città, ma l'intento della loro progettazione era tutt'altro: i piani per la costruzione di edilizia economica e popolare erano spesso mossi dalla volontà di contrastare la speculazione fondiaria e indirizzare lo sviluppo edilizio verso progetti rispettosi di tutte le classi sociali e attenti alle loro esigenze. Le stecche, le case a ballatoio e le torri, oggi accusate di aver appiattito la diversità sociale e aver recluso in spazi ristretti una fetta enorme di società, in realtà volevano essere modelli differenti rispetto alle tipologie abitative dei centri urbani, favorendo la creazione di città satelliti, con tutti i servizi e le comodità necessari ad una vita dignitosa, al pari dei quartieri del centro della città, ma a costi più agevolati.

In Europa e nel mondo l'edilizia popolare è sinonimo di sperimentazione architettonica. Ne sono un esempio su tutte le Vele di Scampia, a Napoli, da tempo osteggiate perché emblema della sperimentazione andata perduta nel ricordo di uno Stato paternalista assente. Il progetto dell'architetto Francesco di Salvo rappresentano un modello architettonico ideale che ha importanti e famosi riferimenti come nella storia dell'architettura come le Unités d’habitation di Le Corbusier (uno dei punti di arrivo fondamentali del Movimento Moderno nel concepire l'architettura e l'urbanistica), le strutture "a cavalletto" di Kenzo Tange e della cultura teorica del Deutscher Werkbund.

Vigne Nuove, Roma - Photo Credit Case Popolari
Vigne Nuove, Roma – Photo Credit Case Popolari

Tutti questi riferimenti avevano in comune il concetto di utopia sociale ed abitativa, in cui gli spazi individuali venivano inseriti in un ampio contesto di aree comuni andando a favorire il senso di comunità e creando in un solo edificio una ‘macchina abitativa' simile ad una città autosufficiente in piccolo. La città modello a cui si sono ispirati questi architetti doveva essere fatta di alloggi dimensionati in base alle esigenze degli abitanti, aree verdi e grandi vie di scorrimento, in cui ogni famiglia non era un nucleo isolato ma parte di una vera comunità familiare.

Oggi quei modelli hanno, in molti casi, fallito, e non per una falla nella teoria alla base della progettazione, bensì per una inadempienza dello Stato nella realizzazione dei progetti, come è successo allo Zen di Palermo, al Corviale di Roma e a Scampia a Napoli. Di quei progetti utopici spesso sono stati realizzati solo gli edifici residenziali, senza le infrastrutture adeguati a collegare i nuovi quartieri alla città, né i servizi di aggregazione urbana necessari per creare nuove comunità. Eppure quei progetti architettonici, seppur mutilati nel loro completamento, rappresentano per l'epoca in cui sono stati realizzati, una avanguardia e qualità costruttiva che oggi viene confermata dalla scelta di tanti film, serie tv come Gomorra, video musicali, pagine Facebook e set fotografici che hanno come sfondo proprio le case popolari.

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